Il Gran Consiglio deve fare bene le leggi, non male le inchieste

L'intervento della deputata Natalia Ferrara a nome del Gruppo parlamentare PLR nel dibattito sull'istituzione di una CPI in Gran Consiglio, 24 settembre 2020

Una commissione d’inchiesta o un megafono d’inchiesta?

Un’inchiesta che cerca di capire o un’inchiesta che cerca di colpire?

Alla ricerca di cause o a caccia di colpevoli?

Un evento di grande portata istituzionale (art. 39 LGC) o piuttosto un fatto di grande portata emotiva e giornalistica?

Il Gran Consiglio deve fare bene le leggi, non male le inchieste.

Lo dico anche perché il vero problema che questo caso (come altri prima) pone è vero e serio, ma è un altro, e sarebbe peccato non affrontarlo.  A cosa penso?

Invece che una CPI sarebbe meglio chiedere al CdS (e poi discuterlo) un rapporto che spieghi in modo coordinato come, all’interno dell’amministrazione, si gestisce il tema delicato delle notizie o delle situazioni soggette o potenzialmente soggette a obblighi di denuncia al Ministero Pubblico. Come, con quali procedure, quale documentazione, quali criteri, quali competenze?

Questo è il quesito vero e di fondo che il caso di cui discutiamo ripropone: come rispettare il dovere di denuncia senza lasciarlo al caso per caso, alla sensibilità di ognuno, o a quella della rispettiva linea di servizio. Evitando che sia, al contrario, l’autorità penale a decidere, a posteriori e sempre partendo da un caso singolo, come deve funzionare l’amministrazione, o se ha funzionato bene o male. Il che ci avvierebbe in prospettiva verso lo scenario italiano di una pubblica amministrazione paralizzata del timore di commettere reati o, peggio, di essere condannata pubblicamente pur senza averne commesso nessuno.

Infatti, qui, anche per l’istituzione di questa CPI, non si tratta di determinare se l’imputato MB sia o meno colpevole. Una sentenza di condanna c’è già (anche se, va detto, non è ancora cresciuta in giudicato, essendo stato interposto appello da parte sia dell’accusa, sia della difesa). No, si tratta – secondo chi promuove l’istituzione di questa CPI – di determinare eventuali responsabilità di terzi. Quali responsabilità? Penali? Amministrative? A distanza di 15-20 anni? E con quali competenze? E responsabili di che cosa, per rapporto, appunto, a che procedure?

Un processo, come detto, c’è già stato, anzi, due. Prima un’istruttoria condotta dal Ministero pubblico, basata su notizie di reato, fatti, su indagini e sfociata in un rinvio a giudizio. Poi infine il dibattimento, pubblico e davanti ad una Corte, sfociato nella sentenza di primo grado. Poi un processo non penale ma pubblico, perché, come purtroppo sempre più spesso accade da o in un processo nasce un “caso”, e il “caso” vuole imporre le sue regole. In questa circostanza lo fa partire il commento orale del Presidente della Corte delle Assise Criminali, che ha espresso tristezza, dispiacere e proferito scuse a nome dello Stato, lasciando intendere che alle segnalazioni di due giovani donne, nel 2005, non sarebbe stato dato seguito in maniera attenta e adeguata.

È così che – pur non essendo mai stato imputato di alcunché – un secondo funzionario, allora capo ufficio del condannato MB, è stato giudicato, pubblicamente e malamente, come colui che avrebbe taciuto e non sostenuto le vittime nel percorso di denuncia. Preciso che a tutt’oggi non vi è alcun procedimento a carico di questo pensionato, allora capo ufficio e che nemmeno vi sono riscontri oggettivi di una sua colpevole omissione 15 anni or sono.  Ma, appunto, un “caso” ha bisogno soprattutto di clamore. Nessuno sa cosa sia successo, 15 anni orsono, ma ognuno è convinto di saperlo con certezza o di avere titolo per scoprirlo.

E non è tutto.

Con tutto il rispetto per le colleghe e colleghi che andrebbero a far parte della CPI in questione, davvero credete di essere in grado di tutelare eventuali vittime? Di saper sentire persone informate sui fatti con l’accortezza del caso? Di riuscire a gestire tutte le delicatezze, anche comunicative, legate ai reati relativi alla sfera sessuale? Pensate, la legge prevede che se gli interessi della vittima lo esigono, il giudice può addirittura ordinare l'udienza a porte chiuse, senza pubblico ed eventualmente anche senza la stampa. L’inchiesta in genere è riservata, il processo è pubblico. E la CPI? Come gestirà tutti questi aspetti una CPI composta da deputati di milizia?

Il PLR vuole giustizia, ma non giustizialismo e men che meno approssimazione, o improvvisazione.Provo a dirlo con degli esempi degli ultimi anni:

Forse che quando un padre, un nonno o uno zio è stato inquisito e condannato per atti sessuali a danno di un congiunto, tutti i membri della famiglia sono stati indagati?

Forse che quando un maestro, un docente, è stato inquisito e condannato per atti sessuali a danno di un allievo, tutto il corpo docenti è stato indagato?

O ancora, forse che quando un ufficiale di polizia è stato inquisito e condannato per lesioni e altri reati, tutto il corpo di Polizia è stato indagato?

La risposta – per fortuna – è sempre no. Accertare la verità non significa sospettare di chiunque, indagare senza metodo in ogni direzione. Né in Procura né men che meno in Parlamento. Né indagini a tutto campo dunque, né CPI a ogni piè sospinto.

Da parte mia, da quando sono uscita dal MP, ho scelto non solo la separazione di carriera – e tuttora, dopo 6 anni, mi occupo d’altro – ma, soprattutto, la separazione dei poteri. Separazione dei poteri che non vale solo fra i diversi poteri dello Stato – Esecutivo, Legislativo e Giudiziario – ma anche all’interno dello stesso potere Giudiziario. L’intento è sempre quello di evitare la concentrazione di potere nelle mani di una sola persona o istituzione e di evitare così ogni abuso. Questo, appunto, nelle aule. In processi trasparenti, che sfociano in decisioni motivate. La giustizia – per essere e rimanere tale – deve necessariamente legittimarsi attraverso le regole dello Stato di diritto. Dove contano le prove, non le percezioni, dove ci si basa sulle procedure, non sul sentito dire, non sulle buone intenzioni ma sulle regole. Come spesso si afferma, la giustizia non deve solo essere giusta, deve anche sembrare giusta.

Questo – permettetemi, e lo dico a titolo puramente personale ma non senza cognizione di causa – vale anche in relazione alla bufera di questi ultimi giorni che non ha travolto solo singoli Magistrati, ma, ben più grave, il Ministero Pubblico come Istituzione. Rispetto delle procedure, insomma, e rispetto delle persone.

Ma torniamo alla CPI.

È vero, la CPI è prevista dalla legge, dal diritto. Ma non c’è persona di buon senso che non lo sappia: esiste il diritto, ma la sua ombra è sempre l’abuso di diritto. Esiste il potere, ma la sua ombra è sempre l’abuso di potere. Esistono le buone intenzioni, ma la loro ombra è sempre quella dei loro effetti concreti. Esiste la voglia di verità che, purtroppo, in certi casi, assomiglia di più ad una morbosa curiosità. Le parole contano, le procedure contano, le persone contano. Se così non fosse alle fine non conterebbero più neppure le vittime vere e le loro sofferenze: al loro posto basterebbe il vittimismo che permette a tutti di sentirsi in pace con la propria coscienza. Teniamolo tutti presente.

Un’ultima considerazione: se l’obiettivo di questa discussione, dei promotori della CPI è quello di sentenze più severe – e dunque, a monte, di norme più severe, allora è sulle modifiche di legge che occorre lavorare. A Berna, alle Camere federali, e non in Ticino sulla pubblica piazza dove non so se e quale verità si possa trovare, ma dove certamente non mancheranno, ahi noi, fughe di notizie e fughe in avanti.

Vi invito dunque a non istituire questa CPI e, piuttosto, a concentrarci tutti insieme su quelle riforme che necessitano alla giustizia, e non al giustizialismo.

Concludo. Per tutti questi motivi e molti altri il PLRT si esprime contro l’istituzione di una CPI. Se questo Parlamento, ciò malgrado, deciderà di istituirla, il PLRT si assumerà la sua responsabilità di partito di Governo e anche di primo gruppo in GC e, di conseguenza, metterà a disposizione un proprio membro, che vanta, per altro, delle competenze specifiche. Ringrazio sin d’ora a nome del gruppo il collega deputato Marco Bertoli per essere a disposizione. L’auspicio, in questo caso, è che anche gli altri partiti di Governo agiscano con la medesima responsabilità, ad esempio assumendo la carica di presidente della CPI. Chi crede in questo strumento in questo caso sbaglia, ma dovrebbe perlomeno essere coerente fino in fondo. Vi ringrazio.

Natalia Ferrara, 24 settembre 2020

"Tra bullismo politico e dignità della carica". Leggi QUI l'articolo di Natalia Ferrara sullo stesso tema pubblicato sul Corriere del Ticino